Il ministro condanna il comportamento dei tifosi: “Chiedere scusa alla Bulgaria”, Il direttore dell’Osservatorio Viminale: “Cori per il Duce e saluto romano lì non sono reato”
Tre ultrà azzurri fermati a Sofia, La Russa: “Vergogna i cori fascisti”
Tutti rilasciati in serata. Maroni: “Saranno sottoposti a Daspo”
Lippi: “E’ la prima volta e non deve accadere mai più”
SOFIA – Il mondo politico e quello sportivo condannano la notte brava degli ultrà italiani che, a Sofia, in occasione della partita di qualificazione mondiale della Nazionale contro la Bulgaria, hanno dato vita tra l’altro a marce e cori di ispirazione fascista. “Una vergogna quei cori e un gesto inqualificabile l’aver bruciato la bandiera bulgara” dichiara il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. “Bisognerebbe chiedere scusa alla Bulgaria. Se fossi stato lì mi sarei vergognato. Non c’è nessuna giustificazione storico-politica per questa gente, sono solo maldestre esibizioni muscolari”, continua l’esponente di An, al quale poi il suo ex compagno di partito Francesco Storace ricorda che “quei cori sono simili a quelli che intonava anche lui da giovane”.
Nel tardo pomeriggio arriva la presa di posizione del ministro dell’Interno Roberto Maroni: “Quando torneranno in Italia saranno sottoposti a provvedimenti amministrativi di sospensione dalla partecipazione ad avvenimenti sportivi, il Daspo, perché non ci si può comportare così né dentro né fuori gli stadi”.
Gesti inqualificabili e parole dure, con qualche eccezione. Di diverso tenore sono infatti le considerazioni di Domenico Mazzilli, da poche settimane direttore dell’Osservatorio del Viminale sulla sicurezza delle manifestazioni sportive, che non condanna il comportamento dei centocinquanta ultrà italiani: “I cori ‘Duce-Duce’ e il braccio teso durante l’inno di Mameli? In Bulgaria non è reato… Io non faccio il sociologo – aggiunge – i reati vanno attribuiti nel Paese in cui avvengono. Fino adesso questo gruppo era rimasto in riga, ora vedremo bene cosa è successo e valuteremo per il futuro. Ma parliamo anche dei fischi all’inno di Mameli: anche quelli non sono reato, ma se mi permettete non sono educazione…”.
Intanto la polizia bulgara ha identificato e trattenuto per tutto il giorno tre tifosi italiani ritenuti responsabili di aver dato fuoco alla bandiera bulgara all’inizio della partita. Dopo aver visionato i filmati, in cui si vede appiccare il fuoco al vessillo bulgaro sugli spalti dello stadio di Sofia, gli inquirenti hanno rilasciato i tre giovani, tutti originari del nord Italia: si tratta di A.P. 28 anni, indagato e solo in serata divenuto “persona informata dei fatti”, e poi V.F., 21 anni, ed E.B. 27 anni, le cui posizioni, come sottolinea l’avvocato Giovanni Adami, sin da stamattina erano state derubricate a quella di testimoni. I tre sono stati rilasciati in serata. “I miei tre assistiti sono stati rilasciati questa sera – ha spiegato il legale, che e’ anche componente del gruppo Ultrà Italia – anche per il terzo ragazzo, il pm bulgaro ha derubricato la posizione da indagato a persona informata dei fatti. Il giudice ha riconosciuto che non c’erano prove, l’inchiesta prosegue contro ignoti”.
L’ambasciata italiana segue il caso. Nello stesso frangente, secondo quanto si è appreso, i tifosi della Bulgaria avevano dato alle fiamme uno striscione con il tricolore sottratto ai supporter italiani.
Quanto accaduto a Sofia ha suscitato reazioni di condanna anche nel mondo sportivo. “Anche se ieri io mi sono accorto solo dei fischi all’inno di Mameli – dice il ct azzurro Marcello Lippi – ho letto oggi cosa è successo. E’ la prima volta e non deve accadere più. Non voglio dire altro, anche perché di queste cose devono parlare le persone che se ne occupano”.
“E’ la prima volta che la Nazionale vive una serata così, e lo dice uno che è in azzurro dal 1963” commenta con amarezza Gigi Riva. “Noi non abbiamo bisogno di tifosi così – ha aggiunto il capo delegazione azzurro – anche perché non siamo come loro. Insomma, condanniamo quello che è successo. Arrivare lì allo stadio e vedere che nell’angolino della curva riservato agli italiani succede questo non è certo bello. Tra l’altro, hanno incattivito la partita”. Riva, però, propone di staccare la spina: “Io sono per non parlarne, questa gente non va presa in considerazione anche perché cerca pubblicità. E poi i veri tifosi della Nazionale sono persone perbene e sono tanti milioni”.
“E’ una vergogna del calcio, anzi dello sport italiano, ma non la caratterizzerei in maniera politica” ha commentato Rocco Crimi, sottosegretario con delega allo Sport, criticando il comportamento dei tifosi ma definendo “irrilevante” la connotazione politica. “Perché la verità è che ci sono tifosi violenti di destra, di centro e di sinistra che cercano solo di sfruttare la ribalta mediatica del calcio. Occorre isolarli – ha concluso Crimi – e il ministro dell’Interno sta facendo il massimo. Ma il problema non è semplice anche perché stiamo svuotando gli stadi e la conseguenza è anche in uno spettacolo privato di parte del suo fascino”.
Marco Minniti, ministro dell’Interno nel governo ombra del Pd, ha denunciato la “comparsa degli ultrà fascisti per la prima volta al seguito della nazionale”. “Gli ultrà che fanno i saluti romani, che agitano svastiche e innalzano grida fasciste: quello che è successo in Bulgaria è gravissimo e allarmante e rappresenta un colpo duro all’immagine stessa dell’Italia – ha commentato – E’ necessario che ci sia una risposta esemplare. E’ necessario che i responsabili, gruppetti ben conosciuti, vengano identificati e duramente puniti con la collaborazione della Federazione gioco calcio e con l’impegno delle forze dell’ordine”. (12 ottobre 2008) [REPUBBLICA.IT]
I violenti della notte di Sofia erano stati segnalati come “organici a formazioni di estrema destra”
Quei filo-nazi partiti dal Nordest che dal 2003 assediano la Nazionale di CARLO BONINI
ROMA – I cinque di Sofia, tra arrestati e “trattenuti come testimoni”, non arrivano a trent’anni. Ventisette il più giovane, ventinove il più vecchio. Vivono a Milano, Treviso, Como, Lucca, Napoli. Almeno due di loro negli archivi della nostra polizia di Prevenzione erano già finiti. Non per fatti di stadio, ma perché “segnalati come organici a formazioni di estrema destra”. Due profili che – a dire di fonti diverse del Dipartimento di Pubblica sicurezza – sembrano redatti con carta copiativa. “Neri da Curva”. Prodotti del vivaio dell’odio e dell’intolleranza. Che ormai – soltanto a voler stare al rapporto presentato nel maggio scorso al Parlamento dal nostro Servizio interno (Aisi) – monopolizza da destra 63 delle 98 sigle in cui si articola la geografia ultras nel nostro Paese.
Eppure, nel palazzo del pallone, nelle sue periferie (l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive) e in almeno una delle componenti di governo (Alleanza nazionale), in molti, “indignati”, cadono (o fingono di cadere) dal pero. Come se la notte bulgara avesse rivelato una maligna metastasi di cui si ignorava l’esistenza. Come se “Ultras Italia” fosse un nuovo brand d’esportazione venuto alla luce per partenogenesi in qualche ignoto interstizio della nostra provincia nera. Insomma, il solito “cesto di mele marce”.
Non è così.
Le “pezze” con cui “Ultras Italia” annuncia negli stadi italiani ed europei la propria nascita portano la data del 2002-2003. E non è difficile riconoscerle. Sono stoffe tricolori appese alle gradinate, in cui è impresso con caratteri tipografici del Ventennio il nome della città che ne fa mostra come “testimonianza di italianità”. Si comincia con Verona, Udine, Padova, Trieste, che è poi il quadrilatero nero in cui il grumo si addensa, si manifesta e trova al suo interno ragioni sufficienti a un lavoro di proselitismo.
“In quella fase – racconta un qualificato funzionario di Polizia che da anni fa parte delle ‘squadre tifo’ che seguono la nostra nazionale – contavamo non più di una cinquantina di elementi. Per lo più del nord-est, che scommettevano sulla possibilità di creare una struttura agile, visibile e in grado di affermare una raggiunta egemonia politica di destra nelle curve del Paese”.
Del resto, il Triveneto non è luogo geograficamente neutro. Il “Fronte Veneto Skin” e “Forza Nuova” sono la ruota dentata xenofoba in cui si incastra una nuova geografia politica e sociale, di cui, ogni domenica, le curve sono lo specchio. A Verona, dopo lo scioglimento delle “Brigate Gialloblù”, i nuovi padroni sono i neri di “Verona front” e “Gioventù scaligera”. A Trieste, gli “Ultras Triestina” si imbandierano nei vessilli imperiali austro-ungarici. A Udine, gli “Hooligans Teddy Boys” e i “Nord Kaos” maneggiano ciarpame neonazista non diverso da quello degli “Hell’s Angel Ghetto” di Padova.
Il palcoscenico della Nazionale offre agli occhi di questo laboratorio nero tre indubbi pregi. E’ vergine, perché non ingombro in tutta la sua storia di sigle ultras. E’ mediaticamente sovraesposto. Si presta magnificamente alla semplificazione delle parole d’ordine e dei simboli con cui la destra xenofoba declina la sua “italianità”.
L’inno di Mameli intonato con il saluto romano, i bomber neri, le teste rasate, le croci celtiche, l’aquila nazista, le ss runiche sono già a Stoccarda e Varsavia nel 2003 ad accompagnare la nostra Nazionale. Affacciano, ignorate dallo sguardo televisivo, in Portogallo, agli Europei del 2004. Fino a quando non si manifestano con violenza, a Palermo, nel 2005, durante un’Italia-Slovenia.
Gli “Ultras Italia” caricano gli sloveni a cinghiate al grido di “Tito Boia” e le “pezze” che di lì in avanti si trascinano dietro non parlano più soltanto il dialetto veneto. Si sono unite alla nuova giostra “Como”, “Busto Arsizio”, “Ravenna”, “Napoli”, “Reggio Calabria”, “Torre del Greco”, “Latina”, “Castelli Romani”, “Angri”, “Nocera Superiore”. I cinquanta degli inizi non sono più tali (a Sofia, sabato, se conteranno 144. A Larnaca, il 6 settembre scorso, erano in 150). Segnalando così come il “progetto”, seguendo una geografia dell’appartenenza politica, non soltanto abbia superato la linea gotica, ma sia riuscito nell’obiettivo di far coesistere grazie al suo collante squisitamente nero, tifoserie altrimenti divise da odi sanguinosi (come la veronese e la napoletana).
Ma al di fuori degli addetti, i fatti di Palermo non sembrano inquietare nessuno. Neanche quando – sono i primi mesi del 2006 – una delegazione di “Ultras Italia” partecipa in Austria ad un raduno a Braunau (città natale di Hitler), dove la feccia neonazista d’Europa (inglesi, spagnoli, francesi, tedeschi) si incontra per pianificare un Mondiale di Germania violento. “Ultras Italia” può tranquillamente continuare a far mostra delle sue “pezze” negli stadi del Mondiale e, nei due anni successivi, in quelli delle qualificazioni per gli Europei. Il saluto romano, per dirne una, allieta anche l’inno di Mameli intonato il 22 giugno di quest’anno a Vienna, dove l’Italia gioca la sua semifinale con la Spagna. Tranne gli osservatori della nostra polizia, nessuno, a quanto pare, vede o vuole vedere.
Il senso comune liquida la faccenda come “folclore”. Lo stesso che fa dire, oggi, al nuovo direttore dell’Osservatorio, Domenico Mazzilli (significativamente questore di Trieste fino a tre mesi fa) che, in fondo, “”Duce-Duce” a Sofia non è reato”. Che convince Giovanni Adami, 36 anni, avvocato di Udine, legale dei 5 fermati, tra i sostenitori del progetto “Ultras Italia”, a pronunciare su questa storia una parola “definitiva”: “La verità è che gli aggrediti siamo noi, gli italiani”.(13 ottobre 2008) [REPUBBLICA.IT]
Che schifo, uno sport, un gioco, un passatempo, un momento di aggregazione e divertimento, oramai in mano a degli idioti che si si fregiano di simboli e contenuti di cui non sanno nulla. Una volta le famiglie andavano a fare il picnic in curva, con panini e vino, con i bambini festanti e sorridenti. Ora gli stadi di calcio sono posti spaventosi e terrificamti. A questo punto che senso ha ancora il calcio, se non è più divertimento, ma politica e violenza? Perchè gli sponsor continuano a versare soldi nel calcio? Perchè i mezzi di comunicazione continuano a parlare solo di calcio? Perchè gli italiani continuano a seguire il calcio?
Anche io penso che bisogna assolutamente fare qualcosa per placare questa terribile piaga sportiva.
“Il calcio? E’ un gioco antisportivo!” diceva un mio professore: MA NON E’ VERO!
Questo non è calcio! Questa è solo pura violenza e basta! Adesso si sono pure inventati che bisogna vendere solo un biglietto a persona… Cavolata!
Iniziate a far pagare alle squadre stesse i danni che procurano i propri “Anti-tifosi” e vediamo che succede. Io non ho mai seguito il calcio, non mi piace e non credo che riuscirò mai a farmelo piacere, preferisco di gran lunga la Cara e Nobile Vela…
Francesco