Forza Italia, anzi, no, Forza Ulivo! che schifo…

Fuori i ladri dentro i giornalisti
Dall’indulto alle intercettazioni: il governo Prodi sta facendo peggio di Berlusconi. L’ex pm di Mani pulite, oggi ministro delle Infrastrutture, continua la sua battaglia, colloquio con Antonio Di Pietro

Il centrosinistra ha tradito gli elettori e sta attuando il programma di Berlusconi. A lanciare queste accuse è il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Il leader dell’Italia dei Valori non torna indietro nel braccio di ferro con il ministro della Giustizia Clemente Mastella. Dopo la polemica sull’indulto è la volta delle intercettazioni. In questa intervista Di Pietro accusa i suoi alleati di voler “proseguire la controriforma della giustizia avviata dalla Casa delle Libertà”.

Ministro Di Pietro, gli elettori si aspettavano l’abolizione delle leggi ad personam e si ritrovano la legge contro le intercettazioni e l’indulto. Che succede?
“È evidente a tutti la divaricazione enorme tra quello che abbiamo promesso e quello che stiamo facendo. Per cinque anni abbiamo combattuto contro la malagiustizia e i condoni del centrodestra che puntava all’impunità fino alla vergogna delle leggi ad personam. Proprio su questo impegno di forte discontinuità sul tema della politica giudiziaria abbiamo ottenuto il voto della maggioranza degli italiani e invece cosa abbiamo fatto? Nella prima settimana abbiamo attuato la riforma Castelli in materia di ordinamento giudiziario. Ci eravamo impegnati con gli elettori a cancellare quella riforma che gerarchizza le procure limitando l’autonomia dei pubblici ministeri. Invece, nonostante i magistrati ci chiedessero di non farlo, l’abbiamo attuata, garantendo continuità all’azione del governo Berlusconi”.

Il ministro Mastella inizialmente aveva annunciato che la riforma sarebbe stata bloccata entro agosto. Ora tutto è stato rinviato a settembre. Perché?
“C’è un vero e proprio disegno. E lo dimostra la sequenza dei fatti. Appena si è placata la polemica sul mancato stop alla riforma Castelli, il governo ha fatto un colpo di spugna tombale. Non si era mai fatto un indulto come questo. Saranno cancellati oltre 100 mila processi. Centomila persone ne beneficeranno tra condannati, indagati e imputati. Tutti liberi senza alcuna politica di riabilitazione e sostegno. Queste persone saranno immesse nuovamente sul mercato del crimine e creeranno allarme sociale”.

Le ribattono che l’indulto era nel programma ed era stato chiesto da papa Giovanni Paolo II.
“Nel programma c’eravamo impegnati a fare una cosa diversa. Dovevamo approvare una riforma per accorciare i processi e dare certezza alla pena e più legalità. Solo dopo poteva esserci spazio per un atto di clemenza. La cosa che più mi indigna è l’uso del papa come copertura. Il pontefice voleva aiutare i disperati costretti a vivere in cella in condizioni disumane. Non voleva certo avallare i comportamenti dei mercanti del tempio. Noi invece stiamo riportando nel tempio i mercanti. I protagonisti dei casi di malasanità e degli scandali come Banca Popolare di Lodi, Parmalat, Antonveneta e Cirio, stanno brindando. L’indulto è il secondo atto di un disegno preciso. Il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche è il terzo atto del disegno. Bisognava intervenire sulla pubblicazione delle intercettazioni di persone che non hanno nulla a che fare con i reati per mettere fine a questa sorta di gossip giudiziario. Invece, con la scusa di proteggere la privacy, è stato varato un provvedimento che da un lato ostacola il lavoro del pm e dall’altro rende sempre più rischioso il lavoro del giornalista”.

Quali saranno le conseguenze?
“Sarà più difficile indagare. Il disegno di legge, nella sua versione iniziale a cui mi sono opposto con tutte le mie forze, pone un tempo massimo di tre mesi. Ulteriori intercettazioni possono essere concesse solo se si scoprono nuovi elementi mediante fonti di prova diverse. Per fare un esempio: se il pm ascolta l’ultimo giorno del terzo mese un criminale che annuncia una consegna di droga per l’indomani, teoricamente non potrebbe intercettarlo mentre la esegue perché ha scoperto il reato ascoltando il telefono. È un non senso. Ci sono sequestri di persona che durano un anno e solo con le intercettazioni si possono sventare. Questa legge metterà in moto un meccanismo di ricorsi che inficerà le intercettazioni”.

Il progetto Mastella vieta anche la pubblicazione del contenuto di tutti gli atti, non solo le intercettazioni, prima della fine delle indagini. Se fosse già legge, per esempio, non sapremmo nulla del caso Unipol. Le sembra un passo avanti?
“Questa norma restringe troppo. Il testo integrale o il virgolettato degli atti è bene che non sia pubblicato durante le indagini. D’altro canto non si può tenere all’oscuro l’opinione pubblica per tanto tempo. Il contenuto dell’atto, insomma il fatto in sé, è bene che si sappia subito. La norma diventa invece troppo permissiva dopo la chiusura del procedimento, in caso di proscioglimento o archiviazione. Non è giusto, in quel caso, permettere di pubblicare tutto”.

Il giornalista che legge un atto segreto, secondo il disegno di Mastella, deve andare in galera. Non le sembra una norma da Stato di polizia?
È una norma ridicola. Prima si puniva con la multa il giornalista che pubblicava l’atto segreto, ora si punisce addirittura con la reclusione chi semplicemente prende visione dell’atto. Anche se non pubblica nulla. Tecnicamente si anticipa la punizione alla fase del semplice pericolo (la semplice visione delle carte) senza aspettare il danno, cioè la pubblicazione. È una scelta sbagliata che punta a zittire la stampa. Non si può punire il giornalista che fa il suo lavoro. Il pubblico ufficiale che gli passa un documento deve essere punito, ma ve lo immaginate voi un giornalista che di fronte a un documento segreto chiude gli occhi e dice: ‘Non lo voglio nemmeno vedere’?”.

La Procura di Milano indaga sulle intercettazioni illegali contro i giornalisti. Il disegno di legge non se ne preoccupa. Non le pare strano?
“In questo disegno di legge manca un intero capitolo. Quello delle intercettazioni illegali abusive fatte al di fuori del controllo dell’autorità giudiziaria. Se il fine fosse stato davvero quello di tutelare la privacy, bisognava prevedere un capitolo apposito. Ma l’obiettivo del disegno di legge è un altro: rendere molto più difficili le intercettazioni da parte dei magistrati e criminalizzare l’informazione. Così non va”.

C’è anche un bel giro di vite sulle pene. Il governo Prodi sarà ricordato come quello che ha introdotto la galera per i giornalisti che pubblicano notizie segrete?
“Effettivamente il capitolo delle pene non mi convince. Nel regime vigente il giudice può punire il giornalista che viola il segreto con la multa. Il disegno di legge prevede invece la pena detentiva secca da uno a tre anni. Lo scopo è quello di zittire i giornali. Per tutelare meglio la privacy sarebbe stato preferibile innalzare le sanzioni pecuniarie. Comunque è l’intero sistema a essere inefficace. Mancano anche le cosiddette sanzioni alternative. Quelle che garantiscono un immediato risarcimento del danno, magari con la pubblicazione immediata di un articolo che sani lo sfregio subito”.

Che cos’altro manca nel progetto di Mastella?
“Per esempio, avrei previsto delle sanzioni anche per gli avvocati che rivelano atti segreti. Ma è la filosofia di base che non va. L’idea è che i potenti possono fare quello che vogliono. Il disegno della Casa delle libertà era zittire i giornali dopo avere zittito i magistrati. Ora sta diventando il progetto dell’Ulivo. Bisogna dare un segno forte di discontinuità abolendo subito la legge ex Cirielli (la ‘salva Previti’, ndr) e la legge Pecorella. E bisogna smetterla di fare leggi che proseguono il programma di Berlusconi in materia di giustizia”.

L’espresso

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