In migliaia per l’ultimo saluto. Il grido «vergogna» al suono delle campane. A Roma i funerali laici. Fischi ai politici presenti. Pannella li difende. La moglie Mina: «Ora Piergiorgio è contento e libero»
ROMA – Sono tante le persone, accorse in piazza Don Bosco, a Roma, per l’ultimo saluto a Piergiorgio Welby. Impediscono che i pochi politici presenti prendano la parola, gridano «vergogna» e si domandano ad alta voce per quale motivo il vicariato di Roma non abbia concesso i funerali religiosi all’uomo morto giovedì dopo che un medico anestesista di Cremona gli ha staccato la spina. Come per paradosso proprio mentre l’indignazione sale, da lontano si sentono suonare le campane di una chiesa.
APPLAUSI E PROTESTE – Un lungo e sommesso applauso accoglie l’arrivo del feretro. Accompagnata da Marco Pannella e Marco Cappato e attesa dalla moglie Mina, la bara di Welby, ricoperta di fiori, arriva in una piazza gremita di persone (tra mille e quattro mila le presenze, secondo le agenzie) mentre gli altoparlanti diffondono Le Quattro Stagioni di Vivaldi, una delle musiche preferite da Welby. La moglie di Welby Mina, prendendo la parola dal palco, dedica un pensiero al medico anestesista Mario Riccio: «Un uomo coraggioso e forte, che ha scelto di aiutare e venire incontro alle richiesta di Piergiorgio». «Non voglio fare polemiche – spiega la donna, con accanto a sè la mamma di Piergiorgio, la signora Luciana – voglio pensare che questo è un buon Natale ed è una festa, vedendo voi, che Piergiorgio non si sarebbe mai aspettata. Eravamo abituati in famiglia a riunirci il 26 dicembre, giorno in cui Piergiorgio avrebbe compiuto 61 anni. Oggi abbiamo anticipato di due giorni i festeggiamenti». Poi guardando il feretro e poggiando una mano sulla bara, dice: «Caro Piero, mi è passata anche la tristezza, sento che ora sei davvero contento e libero».
FISCHI AI POLITICI – Poi Mina prende il microfono per ringraziare i politici presenti (oltre all’intero gruppo dirigente dei Radicali, Angius, Salvi, Ranieri e Grillini per i Ds, i verdi Cento e Bonelli, Alfonso Gianni del Prc, e Giacchetti della Margherita) e per dire che «molti vorrebbero parlare». Parole che suscitano la reazione infastidita della piazza: «Nooo – è il coro quasi unanime – fateli parlare in Parlamento». Parte anche qualche fischio, e la signora Mina è costretta a spiegare: «Io sono per la libertà di parola, come era Piergiorgio…». Anche Pannella vuole elogiare gli onorevoli che hanno scelto di esserci: «Non mi sono piaciuti quei fischi, la politica può essere nobiltà estrema. I politici che sono qui dobbiamo iscriverli nell’albo d’oro» spiega il leader radicale.
L’AUTOPSIA – Dai primi esiti dell’autopsia, è intanto emerso che la morte di Welby sarebbe attribuibile ad un cedimento di un ventricolo del cuore. È quanto ha spiegato Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni. «Di più non posso dire – ha detto Cappato – ma dai primi esiti autoptici emerge un quadro coerente con quello che noi abbiamo spiegato rispetto alle procedure che hanno preceduto la morte di Welby. Dunque non c’e stato nessun avvelenamento o altro, solo la sedazione e il distacco del ventilatore». 25 dicembre 2006 corriere.it
«In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325)».
Questo il comunicato stampa odierno del Vicariato di Roma….
“ROMA – “Il mio regalo a Piero? Quello di morire, di smettere di soffrire. Non aveva più sogni e desideri, andarsene senza dolore era l’unica cosa che voleva e potevo dargli. Anche se questo per me ha significato sentirmi a lungo come nel braccio della morte”. Con le ore, i giorni contati per rispettare, nonostante tutto, la volontà di chi amava. Mina Welby, “l’asburgica” come la chiamava Piero per il suo carattere di ferro e dolcezza, ha trascorso con amici a parenti il primo Natale senza il suo “Chicco”. E senza lacrime, come gli aveva promesso.
Ieri era il compleanno di Piero.
“Sì, ed era con me. Me lo aveva promesso l’ultima notte che abbiamo vissuto insieme dopo 33 anni di vita in comune. Mi aveva giurato che non mi avrebbe lasciato, e io lo sento qui. È questo che mi dà forza e serenità. Ho fede, sono convinta che sia felice nella sua nuova vita, ma mi manca in maniera indescrivibile”.
Fu un colpo di fulmine?
“Sì, avevo quasi quarant’anni, ma la dolcezza, la sua intelligenza e tenerezza, quel sapere ascoltare e volere condividere tutto fino in fondo mi hanno disarmata. Mi ha fatto sentire una regina, il suo amore è stato il regalo più bello. Condividevamo tutto: eravamo come un vitigno che si arrampica sul suo sostegno”.
Però non voleva sposarla.
“Per amore, solo per amore. Diceva che mi avrebbe rovinato la vita con la sua malattia, ma io mi ero informata, sapevo tutto e lo volevo. Negli ultimi giorni mi chiedeva continuamente scusa, ma io non ho rimpianto un solo istante della nostra vita”.
Sposati in chiesa?
“Sì, Piero era battezzato, aveva fatto la cresima. Aveva fede, magari diversa dalla mia ma l’aveva fino a quando gli hanno messo il respiratore, poi è cambiato, era arrabbiato con la vita. Non mi ha mai spiegato come era cambiato il suo rapporto con Dio”.
Quando le ha chiesto di morire?
“Me lo hanno detto gli amici che lui lo aveva scritto sul sito, che voleva fossi io ad aiutarlo. Mi sono spaventata, pensavo che qualche amico gli avrebbe sparato col fucile da caccia per accontentarlo. Avevo paura”.
Avete discusso?
“Sì, discusso e litigato”.
Era contraria all’eutanasia?
“Io sono stata educata in modo cattolico molto rigido. Per me eutanasia voleva dire uccidere. Dopo notti di discussioni ho capito che non avevo il diritto di decidere per lui, che fare una legge non significa che sei costretto ad usarla”.
E adesso?
“Spero che arrivi una legge frutto di una discussione popolare, da proposte discusse dalla base, altrimenti il parlamento non lavora”.
L’ultimo giorno…
“L’abbiamo vissuto in pace, ne avevamo parlato tanto. Lui non sopportava che gli ricordassi i vecchi tempi, non voleva sentire le vecchie canzoni di quando andavamo a pesca nel canale dove un giorno voglio disperdere le sue ceneri”.
Come ha salutato i suoi amici?
“Li ha chiamati uno per uno, aveva un sorriso per tutti. Ha preso in giro Pannella chiamandolo vecchio elefante. Poi ha detto: adesso uscite tutti, e sono rimasta solo io col medico”.
Che cosa le ha detto?
“Negli ultimi giorni mi chiedeva sempre scusa, io mi sforzavo di non piangere e quando mi guardava gli occhi rossi dicevo che avevo tagliato una cipolla. Mi ha chiesto: stai qui fino alla fine, non mi lasciare solo. E io sono rimasta lì, gli ho tenuto la mano, gli ho chiuso gli occhi”.
Perché hanno negato il funerale?
“Hanno deciso con il catechismo in mano e non con la pietà cristiana, ferendo inutilmente la mamma di Piero che ha più di ottant’anni. Eppure da tanti sacerdoti ho ricevuto lettere di affetto e c’erano molte suore al suo funerale. Anzi, domani alle 18 ci sarà una messa dalle suore di via Salinieri, l’ordine di cui faceva parte la zia di Piero”.
Vorrebbe le scuse da Ruini?
“Non me le aspetto. Sono convinta che se lo incontrassi mi direbbe che ha pregato per lui, che Dio è misericordioso. Potevano far vedere la misericordia di Dio, in cui io credo, non sbarrando le porte della chiesa”.
Piero le ha passato il testimone.
“Mi sento indegna, non ho mica la sua cultura, lui era un’enciclopedia ambulante. Per questo chiedo l’aiuto di tutti”, dice mentre si rigira una grande fede al dito. “È di Chicco, ce la siamo regalati per i 25 anni di matrimonio, mi sta solo la sua in questi giorni, la mia non entra più”. Come la vita che senza di lui le sta stretta.”
La Chiesa di Roma ha perso ancora una volta un’occasione per avvicinarsi alla gente. Vergognatevi!